Moto Guzzi Griso

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Griso: colpo di fulmine

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Non sono un guzzista della prima ora, non sono uno di quelli che s’è innamorato dell’aquila di Mandello perché il papà  aveva il V7, neppure per i racconti di gare epiche fatte dal  nonno. No, non lo sono proprio. Da adolescente, l’età in cui  gli occhi iniziano a brillare per le due ruote, le Guzzi proprio non mi piacevano: esteticamente brutte, sempre sporche e impastate d’olio e poi, il cardano, oggetto misterioso che si diceva solo rendere quasi inguidabili le moto. Aggiungo che negli anni 80 le enduro erano le vere regine e la Dakar ne dava lustro: c’erano le Honda con le poderose XL e le Yamaha con il fascino del Tenerée e ai più giovani, come   allora ero io, l’occhio cadeva sulle Cagiva Elephant o su altre   moto dal nome altisonante, che ricordava il deserto: le Aprilia T uareg. E si sa a quell’età inizia a formarsi il gusto e, purtroppo, anche i pregiudizi e il mio percolare pregiudizio era proprio orientato verso la Moto Guzzi.

Passano gli anni e il pregiudizio rimane. Eicma 2005: cerco una moto nuova, dopo il Monster 600, mia prima moto di cilindrata superiore, ho fatto l’errore di acquistare un’Honda Hornet 900: gran motore, ma non c’è assolutamente feeling. Mi ritrovo a girare per i saloni, sono andato appositamente per vedere la nuova naked Yamaha, è appena uscita la FZ1 e voglio vederla. Già delle prime foto non mi conviveva però, non mi piaceva il faro e neppure lo scarico, ma i dati tecnici, per il motociclista da bar che ero, sono davvero impressionanti. Finalmente sono nel padiglione dei diapason, la vedo, la tocco e… non mi piace, trovo i materiali scadenti, le plastiche orrende e la sua linea non mi entusiasma, provo a salirci e no, non ci siamo, non c’è corrispondenza. Sconsolato giro per il salone, vedo lo stand Aprilia: c’è la nuova Tuono, la guardo la studio: ma quanta plastica, non mi piace neppure lei. Sempre più abbattuto giro per le varie case e mi imbatto nello stand Moto Guzzi: scettico, come sempre quando si parla di quella marca, inizio a guardare le moto, noto i particolari, i materiali, mi piacciono, poi, all’improvviso vedo il Griso. Bellissima, nuda, il faro è tondo sembra una moto anni 70 (si lo so sono personalmente troppo vintage), ne apprezzo i dettagli, ci salgo: la posizione di guida mi piace, tutta sull’avantreno e con il baricentro basso, un po’ come il Monster. Scendo da quella Gialla la rimiro e mi accorgo che vicino c’è un modello accessoriato touring: fantastico, penso, io voglio una moto che sia bella e che mi faccia anche viaggiare. Poi noto lo scarico: enorme, stupendo.

Cosi si sono infranti i pregiudizi, così è nato il mio amore per la Moto Guzzi: ad aprile ero già in sella al mio Griso, una moto di ferro che vibrava e che mi faceva vibrare il cuore. Grazie a lei ho incontrato molti amici, ho girato e conosciuto le più belle montagne d’Europa: gli Appennini selvaggi, le Alpi maestose e i Pirenei affascinanti. Piano piano ho trasformato e fatto sempre più unica e più mia la mia Griso: non è più nera, ho fatto la follia e l’ho fatta verde, prima ancora che la Guzzi pensasse ad un Griso verde; è sempre più seventies, ha cromature dove non c’erano e una bella striscia color bronzo che l’attraversa. 70.000 km segna il contachilometri e ancora molti ne vuole percorrere il mio 1.100 e ogni volta che la guardo l’adoro e penso “che stupidità i pregiudizi”.

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